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I residenti del Borgo Vecchio Campidoglio hanno reso possibile la nascita del Museo d’Arte Urbana di Torino (MAU)

Torino è indubbiamente una bella città:.

Grandi palazzi, maestosi viali alberati, la collina, un centro storico ricco di testimonianze architettoniche di ogni epoca, dalle rovine romane al liberty di piazza Emanuele Filiberto. 

Il turista sceglie Torino per “Luci d’Artista” o per le mostre d’arte, o per la movida notturna, o per il grande polmone verde del Valentino lungo il Po, un parco invidiato da molti per la varietà di flora e di fauna che lo popolano e per gli scorci poetici che regala al tramonto.

Ma Torino è solo questo? Al di là delle attrazioni elencate, c’è solo edilizia popolare e periferia?

Per fortuna no.

A un passo da Piazza Statuto, piazza storica e annoverabile tra le bellezze torinesi, percorrendo Via Cibrario si arriva al Borgo Vecchio del quartiere Campidoglio. Una scoperta.

Qui non ci sono grandi palazzi, giardini o alberate, ma qualcosa di intimo, un “paese” nella città. Le strade hanno mantenuto la pavimentazione originale ad acciottolato, le vie sono strette e le case al massimo di due piani. Le attività commerciali ancora artigianali, non ci puoi trovare un supermercato o una banca, ma officine, falegnami e restauratori, piccole trattorie dagli antichi sapori.

Questa è un’oasi che si è mantenuta nel tempo: costruita nella metà dell’ottocento per ospitare gli operai che affluivano a Torino, neo-città industriale, ha resistito ai bombardamenti e poi, tenacemente, alla rivoluzione edilizia degli anni ’50.

Il termine “oasi” non è casuale perché questa è la sensazione che evoca entrare nel Borgo arrivando da via Cibrario o da Corso Svizzera. Sembra di essere stati teletrasportati indietro nel tempo, anche il rumore della città qui è lontano e ovattato. Le automobili procedono lente, quasi si sentissero fuori posto in un luogo in cui ti aspetteresti di veder sbucare da dietro l’angolo un carretto tirato da un cavallo.

Ma le peculiarità di questa piccola parte di Torino sono ben di più: gli abitanti del quartiere, non paghi di vivere in un paese nella città e di averlo conservato nel modo più verace possibile, senza gli artefatti tipici dei quartieri restaurati ad hoc e “leccati” nei particolari, hanno dato spazio all’arte.

Come risponderebbe un “torinese” se gli venissero a chiedere di rendere disponibile la facciata della sua casa per creare un murales, non un cartellone pubblicitario che ricopre i muri e che rende economicamente ogni giorno, ma un’opera d’arte a cielo aperto fruibile da tutti, un fiore, catene che scendono lungo i muri, i visi di due innamorati che si baciano, uno sciame d’api?

I residenti del Borgo Vecchio Campidoglio hanno detto sì. Rendendo possibile la nascita del Museo d’Arte Urbana (MAU)La disponibilità degli abitanti viene premiata. Nato dall’idea del suo primo Direttore artistico Edoardo di Mauro, il MAU ottiene il sostegno e la supervisione di rappresentanti di importanti Istituzioni Torinesi (arch. Giovanni Sanna, Prof.  Carlo Giuliano, all’epoca Direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti).

Si parte nel 1995 con un murales a titolo volontario, che rappresenta il quartiere come lo potrebbero disegnare i bambini, poi le opere aumentano via via e nel 1996 sono già 11.

Se ne aggiungono altre 17 nel 1997 grazie a un contributo del Comune di Torino.

Il 2001 è un anno importante per il MAU che, organizzatosi in autonoma associazione, viene inserito nella Carta dei Musei della città ricevendo così un riconoscimento ufficiale a livello sia locale sia nazionale.

Sempre nel 2001 il Centro Commerciale Artigianale Naturale Campidoglio ha voluto incrementare il patrimonio museale con un’installazione, lungo via Nicola Fabrizi, di 35 opere dotate di illuminazione permanente e collocate sulle pareti dei palazzi, protette da teche di plexiglas, e il tutto prende il nome di Galleria Campidoglio.

Nel corso degli anni fino a oggi le opere murarie sono aumentate fino a un totale di 158, realizzate da oltre 99 artisti.

Per orientarsi in questo museo a cielo aperto, rigorosamente sul muro di Via Rocciamelone (dando le spalle alla Chiesa S. Alfonso, porta d’entrata virtuale del museo), troviamo una mappa che indica sia la collocazione spaziale delle opere nel Borgo sia i nomi degli artisti che le hanno realizzate.

Di qui in poi possiamo farci trasportare dai nostri piedi tenendo il viso all’insù per cogliere tutti i dipinti e le sculture che rallegrano e ornano le facciate, le finte finestre, le pareti laterali dei palazzi.

Nominandone qualcuna troviamo: il “Sistema floreale di videosorveglianza” di GEC, accanto a piccole biciclette appese alle grate di una finestra.

Gec _ Sistema floreale di videosorveglianza

Giraffe colorate dalla lunga lingua rossa, che adornano i lati di un esercizio commerciale, realizzate da Gianni Gianasso.

Gianni Gianasso

Un uomo ci saluta alzando il cappello da una finta finestra di via Fiano (Marucci) e una donna nuda con maschera e pinne gioca con la coda una balena sulla parete accanto l’entrata di una officina nello slargo di via Ceres (Mascia).

Credit MAU

Insomma, di tutto e di più a comporre un colorato percorso attraverso le vie del Borgo.

Ma l’iniziativa del MAU e degli abitanti di questa piccolo insieme di vie e case basse non si è rivelata un’esperienza isolata, è stata contagiosa. Nello stesso quartiere recentemente sono state installate le “Panchine d’autore” realizzate da Vito Naviolo che ha decorato le panchine esistenti ispirandosi ai protagonisti dell’arte del ‘900 in Piazza Moncenisio; e dal 2014 il progetto MAU è stato esportato in altri quartieri di Torino.

Credit MAU

Nel 2015 in collaborazione con Monkeys Evolution, il Comitato Area Paracchi e gli studenti del Primo Liceo Artistico si è realizzato un grande murales nel sottopasso Giardini.

Altre Panchine d’autore sono ora al Parco Colonnetti.

Alla Falchera dall’inizio del 2017 il MAU in collaborazione con altre associazioni ha dato inizio al progetto “Outskirt Stories-Storie di Periferia” che porterà alla realizzazione di tre opere per il quartiere.

L’arte e gli artisti, i residenti delle zone meno centrali di Torino, le organizzazioni di quartiere operano in sinergia per consegnare alla città zone vivaci, visitabili, interessanti e vivibili e gareggiare con il centro come poli di attrazione.

Gloria Guerinoni