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ArtePennette al Sugo

DIZIONARIO APOCALITTICO PER LA FINE DEL MONDO (DELL’ARTE)

Davanti al crollo dei massimi sistemi, in qualche modo bisogna pur reagire

Guerre, epidemie, cambiamenti climatici, distruzioni nucleari, spaccature politiche, intelligenza artificiale che prende il
sopravvento e… chi più ne ha ne metta! Secondo le news, da cui siamo bombardati ogni giorno, siamo ormai vicini al
declino della società civile così come la conosciamo. L’ideologia capitalista e la morale occidentale sono giunte al loro
declino? Sicuramente, la sensazione di esser protagonisti di un romanzo distopico e dispotico è sempre più diffusa.
Dichiarare che il mondo è giunto alla sua fine, così come l’arte, è attività ciclica, la quale coincide quasi sempre con crisi
mondiali che sfuggono alla nostra percezione.
Tuttavia, quando tutto ciò avviene e i massimi sistemi crollano, noi abbiamo bisogno di reagire e giudicare per
comprendere ciò che è appena accaduto.
Qualora il sistema dell’arte crollasse (questa volta) per davvero, avremmo quindi bisogno di un dizionario, una guida per
comprendere meglio i motivi del crollo stesso: una decostruzione, per prepararci alla ricostruzione.
Mettetevi comodi, manca probabilmente ancora molto al fatidico giorno. Fino a quel momento, continuiamo a giocare, a
spararle e sparlare. Per poter poi riuscire un giorno a dire: ve l’avevamo detto!

A come Accademia

L’Accademia è origine di gioie e dolori: quante volte, come chiacchiere da bar, abbiamo ascoltato o enunciato frasi d’amore e odio come “se solo l’Accademia fosse…” per poi ritornare alla gelida realtà. Come sappiamo, non tutte offrono strumenti adatti per evolvere la propria pratica (nel caso dell’artista) o per formare una struttura, concettuale e soprattutto metodologica, al lavoro di curatore o critico. Insomma, l’Accademia è un microcosmo staccato dal resto del mondo e c’è ancora troppo divario tra quelle pubbliche e quelle private.

B come Bandi

Artista, spazio no profit, curatore: non importa chi tu sia, ma sappiamo che hai avuto a che fare almeno una volta nella vita con un bando. I bandi indirizzano la ricerca artistica, creano competizione e diciamocelo: li vince chi sa scrivere bene, non chi ha le idee migliori. Sono indubbiamente un tossico e pretestuoso meccanismo di finanziamento alla cultura. Al solo pensiero ci provocano orticaria e ansia da prestazione.

C come Critica (sterile)

La critica sterile andrebbe sostituita con quella militante. Esiste ancora chi ha il coraggio di fare davvero critica? Di dire ciò che pensa? La sindrome del “like” facebookiano ci ha ormai assoggettati alla paraculaggine perenne. Proviamo a fare un gioco: chi trova articoli strutturati alla vecchia maniera, vince.

D come Debiti

Quelli che ti crei per raggiungere una credibilità nel mondo dell’arte; che tu sia artista, curatore o che (peggio ancora) abbia uno spazio. Devi fare un grosso investimento (economico) per muoverti all’interno del mondo della cultura e dell’arte, che è risaputamente elitario e poco empatico. Siamo sicuri di non essere piombati dentro un gangster movie ricco di strozzini e allibratori?

E come Ego

L’ego è diffusamente visto come il problema più grande del nostro secolo; ciò è particolarmente evidente nel mondo dell’arte che è proverbialmente egoriferito. Se il carretto lo traina l’ego degli addetti ai lavori, ciò che emerge è solitamente farcito di snobismo e sindrome di Napoleone.

F come Fee

Solitamente è l’argomento più ostico a inizio e fine progetto. “Sì, tutto bellissimo. Ma, oh, quanto mi paghi?”. Aggiungiamoci che la cultura non è tutelata dalle istituzioni e dai sindacati (pressoché inesistenti) e che è l’unico lavoro in cui non solo non sei pagato per ciò che fai, ma paghi per lavorare. Risultato? Tanto volontariato, hobby e lavoro in nero. Che poi, l’arte contemporanea non era una cosa per ricchi?!

O come Opera

Ma quando si parla davvero dell’opera? Come se andassimo al ristorante e i camerieri ci proponessero il servizio, i servizi igienici, la storia del ristorante e altre cose secondarie e di luogo e, per ultimo, pochissimi piatti(ni). Saremo anche dei nostalgici, ma ci sembra che, nella maggior parte dei casi, sia più importante il contorno che il contenuto. Chi propone un artista, piuttosto che l’artista stesso e la sua opera. La piramide dovrebbe essere rivista: ricordiamoci, prima di tutto, che senza l’opera e gli artisti non saremmo qui a crogiolarci in problemi e (non) soluzioni del mondo dell’arte… perché questo fantomatico mondo, non esisterebbe.

P come Privilegio

Dobbiamo davvero spiegarlo? Di nuovo?

Q come Qualità

Se fossimo in una puntata di Boris potremmo urlare che la Qualità c’ha rotto il c*! In realtà, come si diceva qualche punto più in alto, sembra che abbia rotto il c* a chi dovrebbe davvero alimentare il discorso critico e culturale. Nel frattempo gli Ultimi lavorano nell’ombra, continuano a scervellarsi per portare qualità. Se è vero che gli Ultimi saranno i primi, speriamo che nel post apocalisse si riparta proprio da questo (nuovo) paradigma.

L come Lucro

Spazi senza fine di lucro / l’arte deve essere svincolata dall’aspetto commerciale / e altre frasi d’effetto come il lavoro nobilita l’uomo. In realtà, se ci si guarda in torno, si scopre che pure le quattro chiacchiere scambiate con un altro addetto ai lavori diventano immediatamente nuove possibilità per lucrare. La possibilità di succhiare nuove opportunità è troppo ghiotta, e siamo ormai schiavi delle nuove collaborazioni.

M come Minoranze

In un sistema come quello che stiamo descrivendo (lo sappiamo, siamo duri, ma badate bene che stiamo ironizzando, e soprattutto che potremmo esserlo ancora di più) un tema come quello delle minoranze diventa afrodisiaco. Spesso, vediamo temi trattati con la stessa emozionalità ed empatia che i conquistadores utilizzavano quando esportavano civiltà. Inoltre, tematiche/trend sono il primo elemento per lavarsi le coscienze di altri peccatucci commessi senza pensarci troppo.

N come Notorietà

Se tua madre incontrasse in fila al mercato Francesco Vezzoli, probabilmente sarebbe preoccupata che gli finisca le ultime albicocche in offerta. Questo perché non sa nemmeno chi lui sia. Sostituiamo ‘tua madre’ con ‘la maggior parte della gente comune’ e capisci come la notorietà, nel mondo dell’arte, sia vezzo solo se vista dall’interno del circolo. Perciò, come mai dopo tre mostre e un po’ di notorietà la maggior parte delle persone si sentono già arrivate? Rimandiamo alla parte sull’ego.

G come Giuria

Parliamo di giurati d’eccezione, squadre intellettuali di professionisti composte in nome di un giudizio invalicabile, che assume l’aura messianica. “Pronto. Sì, sono in giuria. Applica, che ci penso io” lo scenario più scontato.

H come Hobby

Chi non si è mai sentito dire “vabbè, nel caso l’arte sarà la tua passione che continuerai a coltivare quando troverai un lavoro serio”. Andando oltre questa gelida freddura, ci sarebbe da fare qui un capitolo a parte. Ripetiamolo insieme ora per poi compiere il definitivo passaggio durante il post apocalisse: fare l’artista o gestire uno spazio sono diversi dalla partitella di paddle il sabato mattina. Ripetiamolo anche per chi, a livello legislativo, inserisce gli enti del terzo settore culturali sotto l’egida dell’hobbistica.

I come Invidia

Parliamoci chiaro: spesso chi ha difficoltà nell’emergere viene definito come rosicone solo perché ha provato a criticare quello stesso sistema che l’ha – secondo lui – ingiustamente rigettato. In realtà, vediamo spesso che chi è già dentro al sistema guarda con invidia il nuovo che spunta e spinge, classificandolo come competitor pericoloso. Ci viene in mente un vecchio meme dei Simpson: “il mondo se non ci fossero avvocati”, tutto rose, fiori e arcobaleni. Sostituite ‘avvocati’ e inserite un qualsiasi personaggio marcio e invidioso del mondo dell’arte e avrete l’illuminazione.

R come Riviste di settore

Ma se pago per avere uno sponsor, questo, dopo che ha incassato il bonifico, con che faccia potrebbe farmi una recensione dove scrive ciò che realmente pensa?

S come Squali

Martin Scorsese potrebbe pensare davvero di iniziare a guardare il mondo dell’arte per una nuova pellicola. Sulla falsariga di The Wolf of Wall Street, emergerebbero protagonisti che, per arrivare dove sono arrivati, non ci penserebbero un secondo a sbranarti.

T come Tempo

Ciò che manca, ciò di cui abbiamo dannatamente bisogno. Chi lavora nel vero mondo dell’arte, fatto di opening, viaggi intercontinentali, champagne e vendite ne ha tanto, scandito da fusi orari e aperture straordinarie. Chi è fuori da questo giro, ne ha poco: sveglia presto per lavorare e solo quando si stacca ci si può dedicare all’arte e investire con ciò che si guadagna al mattino. Si veda nuovamente la voce privilegio.

U come Utopia

È ciò per noi che alimenta la cellula arte. Fare qualcosa che non abbia logiche funzionali o utilitaristiche. Di utopia, però, ce n’è poca… o per lo meno poca ne percepiamo. L’utopia è l’unica alternativa alle ideologie e la razionalità e freddezza che regolano le leggi artistiche di oggi, la stanno definitivamente uccidendo.

V come Vendita

Chi vende può essere considerato un vero artista. Chi fa vendere è, di conseguenza, una buona galleria. Chi compra, infine, è un collezionista. Personalmente non crediamo in questa Trinità.. Ma quindi, chi siamo? Dove andiamo? Siamo sicuramente fuori, come molti altri, dal mondo dell’arte vero. Ma se iniziassimo a sbattercene per davvero di queste vecchie e stantie regole, allora forse…

Z come Zero

Piazza pulita: è l’Apocalisse! Che sia arrivata davvero (finalmente) l’ora di passare la scopa per togliere la polvere dal pavimento?
Fino ad adesso siamo stati sul sarcastico, ma se da oggi iniziamo a far sul serio… occhio!