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Quattro chiacchiere con Serena, la misteriosa artista di strada che colleziona storie.

Due anni fa, su una panchina lungo il Po a Torino, compare un quaderno azzurro che riporta la scritta ‘scrivi una storia o qualcosa che vuoi lasciar andare – S’. Dietro questa firma anonima si cela Serena, una ragazza di vent’anni che da quel momento conserva le storie dei passanti che hanno accettato il suo invito. Dal primo giorno, il progetto risulta un successo: l’anonimato crea uno spazio sicuro per persone di tutte le età dove raccontarsi, sfogarsi e immaginare.
Che storie hai trovato nel quadernino?

S: Davvero di tutto, storie personali ma anche immaginarie, come il racconto di un passante su una presunta casa stregata dall’altra parte del fiume…
Durante il periodo della pandemia, però, c’erano storie piene di dolore ma quello che mi stupì è che nella maggior parte si percepiva un filo di speranza, un messaggio positivo nonostante le circostanze.

Così, Serena, ha collezionato la vita delle persone in un momento di cambiamenti decisivi ed è riuscita a cogliere quel lato più vulnerabile e sincero che difficilmente mostriamo. Il suo gesto, tanto semplice quanto rivoluzionario, è stato impulsivo ma è ben presto diventato per lei una fonte di ispirazione e una lezione importante.

Com’è nata l’idea? Hai tratto ispirazione da qualcosa?

S: Non so neanche io come sia nata l’idea, semplicemente una mattina mi sono svegliata e ho trovato questo quadernino sulla scrivania, senza pensarci due volte ho scritto la frase sulla copertina e l’ho legato alla panchina. Dopo, riflettendoci, ho capito che questo gesto nasceva da un bisogno: fin da piccola ho sempre avuto la passione per le storie vere, mi capitava spesso di chiedere ai miei familiari di raccontarmi degli aneddoti della loro infanzia. Inoltre, amo scrivere ma in quel periodo avevo un blocco, le storie degli altri mi hanno aiutata a liberarmi.

Il quadernino smaschera l’egoismo dei nostri tempi. Serena racconta di un problema comune a molti giovani “molte volte mi è capitato di pensare che i miei problemi fossero unici: solo io soffro in questo modo, solo io sono così” mentre dovremmo riacquisire la capacità di aprirci al mondo, di esercitare il nostro spettatore imparziale (come direbbe qualcuno). Ed è proprio questo il messaggio che l’autrice spera di trasmettere col libro, in uscita tra qualche mese, che comprenderà la raccolta delle storie.

Per concludere, un messaggio ai nostri coetanei

S: Credo si sia persa un po’ la semplicità. Questo gesto è stato qualcosa di non costruito, quindi il mio consiglio è quello di ascoltare di più noi stessi senza pensare troppo. A volte facciamo delle cose solo per farci vedere e perdiamo la nostra essenza, bisognerebbe essere più noi stessi, proprio come sul quadernino!

Francesca studia Filosofia e scrive articoli e commenti sui suoi principali interessi, dall’ambito artistico-musicale a quello sociale.