Milano, lo dicono purtroppo le cronache, non è una città fatta per le biciclette. Ma noi torinesi lo sappiamo bene: quale città è fatta per le biciclette, a parte Ferrara?
Di sicuro non Roma con i suoi colli e sampietrini per tacere degli ingorghi, e non Venezia dagli innumerevoli ponti tra calli, campi e campielli.
Eppure, proprio come Torino, Milano vista da una bicicletta sa svelarsi e mostrare un altro volto rispetto all’immagine che dà di sé di giorno, in cui appare frenetica, sempre di corsa. Per esempio in Porta Romana, imboccando via Crema, lì dove sotto due file ordinate di alberi la sera il traffico si dirada mentre si accendono le luci dei locali, e basta allungare un po’ verso la Bocconi per trovarsi nel verde del parco Ravizza, dove al calare del sole c’è un gran viavai di “runner” con le cuffiette nelle orecchie e di ragazze e ragazzi che vanno e vengono dopo una giornata trascorsa tra scuole e università, parlando tante lingue diverse.
Non ci vuole poi molto da lì ai giardini di piazza Vetra, altro piccolo polmone verde a poca distanza dalle Colonne e dunque dall’Ostello Bello, dove ci si dà appuntamento per una birretta e due chiacchiere tra amici. Certo è sparita la Milano che era già frenetica e sempre di corsa ai tempi di Luciano Bianciardi: a cominciare dalla sua Brera, che non ospita più artisti e letterati un po’ male in arnese, ma nuovi ricchi e parvenu. In bicicletta si va sulla pavimentazione in pietra, dando un’occhiata ai soffitti di case già popolari ora ristrutturate da fior di architetti. Quante vite sono passate in quelle stanze illuminate, quante voci hanno ascoltato quelle pareti.