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Fizz e Fazz intervistano Alessandro Sciaraffa al Pastis.

 

SugoNews ha deciso di credere in noi. Fizz e Fazz obbediscono. Ma il blog non ci basta più ed eccoci qua: stampati e con un’intervista al mistico Alessandro Sciaraffa, poliedrico artista torinese. Ora possiamo senza dubbio dirlo, di fama internazionale (è appena tornato da una personalissima all’Hermitage).

Avete capito bene. A confermare il suo viaggio c’erano una felpa russa a righe marinaresche abbinate al calzino altrettanto nordico, la sempre presente bici pieghevole e la sua divertentissima attitudine alle cose.

Grazie al N.C.C.A. (National Centre for Contemporary Arts) conquista una residenza nella gelida Russia, finalizzata alla creazione di una mostra. Porta con sé nulla più che una valigia strapiena di vestiti, per combattere il gelo nordico, e il suo baglio strapieno d’arte, per sentirsi a casa.

Questo ce lo racconta chiacchierando a taralli e vino, ma dato che l’intervista doveva essere scandita dal pranzo decidiamo di sederci, famelici dei suoi racconti.

La mostra si apre con “La luna risponde”, opera che attraverso degli aggeggi elettronici ci fa sentire i suoni lunari (in diretta!), secondo Alessandro un grande “hello world” che come apertura a noi sembra veramente perfetto. Seguono le ormai leggendarie “ombre del mare”, dove al fruitore è permesso scoprire come la sua ombra in movimento possa generare il suono delle maree e dello scroscio ondoso. Il visitatore inizia a capire che il soggetto del suono non è esterno ma interno, cioè il proprio approccio ha effetti su quello che si percepisce, letteralmente. Diventa palese quando in una stanza presenta dei pannelli neri che mostrano il loro contenuto solo dopo aver scattato una foto col flash, miracolo spiegato dalla vernice catarifrangente.

Ombre del Mare

La luna risponde

 

Cosa svela questo scatto? Un’incredibile esperienza tra i ghiacci di Murmansk dove Alessandro (convincendo il suo compagno di residenza Alexander ad accompagnarlo) va a caccia delle aurore boreali. Nell’estremo nord si rompe le costole, rischia di perdersi nella tundra con -40 gradi, trova i cinesi e conosce il cacciatore di aurore Vladimir “il cannibale”. Per cosa? Uno degli spettacoli più affascinanti che il mondo abbia da offrire: l’aurora boreale. Talmente affascinante che ci vuole fare un film, di cui qui il trailer.

Aurore

aurore

Aurore

Questa avventura lui la descrive come “il tentativo di registrare l’invisibile, un’esperienza che ti porta alla deriva” nel senso più romantico del termine, per davvero, a noi sembrava di sentir parlare un quadro di un Turner sovietico (magari di Karl Pavlovic Brjullov).

La mostra finisce qui? Ovviamente no. Il quarto ed ultimo lavoro, che è l’unico fatto interamente in Russia, si chiama “orologio pavone”. Il nome ci riporta agli orologi da sala delle nonne più eccentriche, ma cos’è davvero? Si potrebbe definire come un automa contemporaneo in grado di rispondere al “clap clap” dei visitatori. Dopo tre battiti, la macchina risponde e scatta la nenia che ricorda il suono di un vecchio ma limpido carillon.

Orologio Pavone _ Alessandro Sciaraffa

Se ti chiedessero di guardare in direzione dell’hermitage sapresti dove guardare? Prima di quest’intervista noi no. Per questo pur vedendo il video ci sembrava di non coglierne la vera bellezza, così era.

L’”orologio pavone” di Alessandro non risponde con un suono qualsiasi, ma con la registrazione dell’Orologio Pavone di James Cox, acquistato da Caterina la Grande nel 1981.

Mai stato registrato, è sicuramente un oggetto culto all’interno dell’Hermitage. Tanto da accenderlo solo e soltanto alle 20.00, solo e soltanto da un uomo. Immaginate cosa hanno risposto ad Alessandro quando ha chiesto di registrarlo? Beh, siete lontani. Gli hanno risposto con una domanda in perfetto stile russo:

Al Louvre chiederesti se si può aprire la teca dove viene conservata la Monna Lisa, farle una foto ravvicinata e poi utilizzarla a tuo piacimento?” La risposta: “Quando mi inviteranno glielo chiederò.”

L’Orologio Pavone dell’Hermitage

 

Con questa risposta (e qualche tecnica segreta Indù) conquista questo privilegio. Chiudendo la mostra con un pezzo che non si scorderanno, e in effetti, non vogliono farlo. L’intera mostra è rimasta là a conservarsi tra i ghiacci, in attesa del ritorno del suo ideatore. Si, c’è già una data fissata, il 15 Aprile. Ma stavolta nella maestosa capitale dei russkie: Mosca.

Sazi delle sue storie e un pò storditi dal vino del pranzo cambiamo discorso, gli chiediamo cosa ne pensa dell’anniversario del muro di Berlino e come ha vissuto quei momenti. All’epoca era molto giovane ma si ricorda ancora dei momenti davanti alla tv sopra il putagè.

Li ricorda come attimi di libertà, accompagnati dall’invidia nel non esser là a sentirla sulla pelle. Un misto di consapevolezza e inconsapevolezza data dal momento. Ci racconta poi di come il muro della paura e della morte avesse, in realtà, stimolato involontariamente la generazione artistica lì presente. Di come dopo la caduta del muro si fosse aperte la rete (quella web) e di come, questo, ha influenzato la sua ricerca artistica di quegli anni.

La caduta del muro di Berlino

All’inizio dell’articolo dicevamo poliedrico, ed effettivamente Alessandro non sembra per nulla incastrato nei meccanismi dell’arte, bensì un personaggio con una curiosità pazzesca.

A noi, è sembrato un po’ un esploratore che cerca di catturare le grandi risposte dell’uomo attraverso il suono. Sempre secondo Fizz e Fazz.